Da quando il lavoro a distanza è diventata una normalità per gran parte dei professionisti, i termini “smart working”, “remote working” e “telelavoro” sono entrati nell’utilizzo comune e allo stesso tempo hanno portato una gran confusione.
Quando ci riferiamo all’uno piuttosto che all’altro? Quando è più corretto parlare di smart working e quando di telelavoro? Quali sono le differenze sostanziali?
Se anche tu non conosci la differenza corretta, non preoccuparti, non sei il sol* e, soprattutto, sei nel posto giusto!
Ecco tutte le risposti che cerchi nel post blog di oggi.
Non è solo per Freelancer…
Innanzitutto è bene sapere che il lavoro a distanza esiste da molto prima di quello che pensi, e si, anche prima della pandemia, sebbene fosse presente con una percentuale ben ridotta rispetto ad oggi. Questa modalità di lavoro era già usata nel mercato europeo, con maggiore diffusione nei paesi scandinavi.
Nel 2015 infatti, una ricerca condotta da Eurofound sottolineava come il 38% e 33% della forza lavoro in Danimarca e Svezia, rispettivamente, funzionavano in questo modo. Altri paesi dell’UE con quote relativamente elevate dei lavoratori il telelavoro sono i Paesi Bassi (31%), Lussemburgo (29%), Regno Unito (27%), Francia (26%) ed Estonia (25%). Mentre che in Italia presentava una delle percentuali minori, l’8%.
Tra le ragioni di questa variazione, sottolineate dallo stesso studio, troviamo:
- la diffusione delle ICT, internet
- connettività, competenze ICT, struttura economica, PIL,
- geografia e cultura del lavoro, anche manageriale
- le disposizioni in legislazione e contrattazione collettiva che regolano lavoro flessibile e da remoto.
Nell’ultimo anno, anche in Italia il lavoro flessibile e dislocato ha fatto passi da gigante (anche se non ancora sufficienti). Ma finalmente, molte aziende e startup hanno deciso di dare una possibilità al lavoro da remoto, allo smart working, e in alcuni casi, alla formula ibrida (che prevede giorni a distanza e giorni in presenza).
Ecco, quindi, che la possibilità di avere un lavoro più flessibile, senza limiti di orari e di spazi non riguarda più solo i lavoratori autonomi, i Freelancer, ma anche una grossa fetta di dipendenti e professionisti dei settori più disparati (purché siano digitali).
Una guida alla terminologia corretta
Il l futuro del lavoro sembra quindi conoscere ben altre alternative all’ufficio tradizionale, e questo ce lo dimostra un post pandemia che vede sempre più spesso parlare di smart working, formula ibrida, remote working e la nascita di nuovi spazi e nuove tendenze.
Flessibilità e autonomia sono al primo posto delle richieste dei lavoratori, congiunti a quello che viene definito work-life balance, ovvero un termine che indica il desiderio di bilanciare la vita professionale con quella privata.
Insomma, la cultura del lavoro della nostra società sta cambiando rapidamente, ecco perché una guida alla terminologia corretta ti aiuterà ad avere più chiarezza. Iniziamo.
1. Smart Working
L’idea dello smart working è ormai entrata a far parte della nostra quotidianità lavorativa, come prima lo erano il pendolarismo, gli incontri di lavoro o i pranzi con i colleghi. Ora i genitori, dopo aver portato i figli a scuola non corrono più in ufficio, ma tornano a casa per collegarsi a una chiamata o seguire il lavoro da un bar oppure un coworking.
La giornata è organizzata combinando un momento per la vita privata e uno per la vita lavorativa. Questo è il vero significato del lavoro agile.
Esso vede un percorso di reciproca partecipazione e fiducia tra datore di lavoro e collaboratori, e poter avere maggiore libertà. Quindi, è possibile conciliare il nostro lavoro con la vita personale e non viceversa, in modo che i dipendenti siano in grado di organizzare il proprio tempo dedicando quello necessario al lavoro e potendo dedicare la stessa attenzione alle attività o alle esigenze che li interessano.
Ci saranno sempre chiamate e orari di lavoro programmati per i quali è necessario concedere disponibilità, anche per discutere con i colleghi gli avanzamenti dei progetti in corso. Ma qui ciò che conta davvero è rispettare gli obiettivi nei tempi prestabiliti.
2. Il Telelavoro
L’orario di arrivo è anche l’orario di partenza. Riunioni fisse, in conference call e disponibilità a tutto tondo rispettando gli orari. Sono gli elementi che caratterizzano il telelavoro.
La differenza con l’ufficio? La mancanza di movimenti e il luogo in cui si svolgono le attività. In altre parole, con il telelavoro seguiamo le stesse “regole” a casa come in ufficio, dovendo così conciliare al meglio l’orario di lavoro a casa, con la nostra vita privata. Il che non è sempre facile come se dovessi rispettare – ininterrottamente – le 8 ore di lavoro durante la giornata.
Infine, un’ultima considerazione, ma non meno importante: nel telelavoro il luogo di lavoro viene prestabilito. Seppur a distanza quindi, questo non lascia margine di decisione
3. Remote Working
È una vera e propria evoluzione del telelavoro. Quando si lavora in remote working significa che si ha una certa flessibilità nello scegliere uno spazio in cui lavorare. Sebbene si abbia spesso degli orari da rispettare, il remote working svincola dalla condizione di “controllo” da parte dei manager, e da la possibilità ai dipendenti di vivere ovunque si voglia.
Nel remote working, similmente da come accade nel lavoro agile, gli orari sono certamente più flessibili, seppur con riunioni, chiamate e obiettivi da dover sempre rispettare.
Queste quindi, sono le tre principali differenze tra questi termini di uso (ormai) comune. Spero che questa mini guida ti sia stata utile e per approfondire l’argomento ecco l’intervento di Sara Labanti all’AcademyQue World
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